Scatta il reato d’indebita compensazione quando il credito d’imposta esposto nel modello F24 deriva dall’uso di fatture per operazioni inesistenti. È infatti inesistente anche il credito Iva che matura dall’utilizzo di documenti contabili per transazioni fittizie adoperati nella dichiarazione d’imposta: risulta del tutto privo di giustificazione e dell’elemento costitutivo del credito. E non c’è duplicazione con il reato ex articolo 2 del decreto legislativo 74/2000, compiuto l’anno prima indicando i costi fittizi delle fatture false nelle dichiarazioni Iva. La conferma indiretta che l’indebita compensazione sussiste arriva dal decreto fiscale 2021: ha introdotto una “sanatoria” per crediti d’imposta utilizzati in modo indebito che è tuttavia esclusa quando il bonus deriva da fatture per operazioni inesistenti.
Lo ha chiarito la Cassazione con sentenza 18085 del 6 maggio 2022, con cui ha rigettato il ricorso di un imputato.