La Corte Costituzionale, con la recentissima sentenza n. 209 depositata il 13 ottobre 2022, si è espressa sulla vexata quaestio relativa al riconoscimento dell’esenzione dall’IMU ai coniugi che risiedono anagraficamente o dimorano abitualmente in immobili diversi.
Più precisamente, con la sentenza in commento, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, D. L. n. 201 del 6 dicembre 2011, nella parte in cui stabilisce che: “[p]er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”. Infatti, secondo la Corte Costituzionale, il citato articolo, disponendo che per poter accedere all’esenzione dall’IMU occorre il duplice requisito della dimora abituale e non considerando sufficiente la sola residenza anagrafica, si pone espressamente in contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 31 e 53 Cost.
In altre parole, la Corte ha dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui richiede, ai fini dell’agevolazione IMU, che l’immobile sia utilizzato come abitazione principale non solo dal soggetto passivo, ma anche dal suo nucleo familiare.
Tale illegittimità è estesa dalla Consulta anche ad altre norme, ovvero:
In pratica, la Corte Costituzionale ha riscritto la definizione di abitazione principale, definendola il luogo dove il soggetto passivo ha la residenza anagrafica e la dimora abituale, a nulla rilevando il luogo di residenza e dimora degli altri membri della famiglia.
Viene, dunque, legittimato lo “spacchettamento” del nucleo familiare sia all’interno dello stesso territorio comunale che in Comuni diversi.