La soglia di punibilità per l’omesso versamento Iva non può tener conto dei costi forfetariamente riconosciuti all’imprenditore: infatti è inapplicabile il regime riservato a Ires e Irap per la diversità del tributo.
Lo ha stabilito la Cassazione con sentenza 43560 del 2 ottobre con cui ha confermato la condanna per il reato di omessa presentazione della dichiarazione Iva nei confronti del legale rappresentante di una società immobiliare.
Nel caso di specie il superamento della soglia di punibilità, per quanto concerne l’Iva, era stato calcolato considerando l’Iva dovuta relativamente alla cessione di due terreni edificabili e detrando il credito Iva riportato dalla società, con esclusione dei costi riconosciuti forfettariamente ai soli fini delle imposte sui redditi.
Tale ricostruzione è stata confermata dalla Cassazione secondo cui è corretto non considerare i costi che l’Agenzia delle entrate aveva forfettariamente riconosciuto ai fini Ires ed Irap, in quanto si tratta di imposte aventi presupposti diversi. Per l’Iva, infatti, è possibile riconoscere solo la detrazione per costi documentati per cui l’imputato, nel caso di specie, non aveva fornito alcuna prova.
Sul punto la Cassazione ha da sempre considerato legittimo l’utilizzo dell’accertamento induttivo per la verifica del superamento della soglia di punibilità in relazione al reato di omessa presentazione della dichiarazione di cui all’art. 5 del d.lgs. 74/2000 (cfr. da ultimo Cass. 39228/2018).
Inoltre, con sentenza 9043/2013, i giudici di legittimità hanno chiarito che, con riferimento al delitto di dichiarazione infedele, per imposta evasa deve intendersi "l'intero tributo effettivamente dovuto, che va correlato al risultato economico conseguito e deve essere determinato - sulla base delle risultanze probatorie acquisite nel processo penale - dalla contrapposizione dei ricavi e dei costi d'esercizio fiscalmente detraibili…".
Tali arresti giurisprudenziali si riferiscono evidentemente all’omesso versamento di imposte diverse dall’Iva.