In tema di reati tributari, va annullata l’ordinanza di sequestro preventivo sui soldi accreditati in banca alla società dopo che si sarebbe consumato il reato ipotizzato. E ciò perché per bloccare le somme affluite sul conto in epoca successiva all’emissione della misura cautelare bisogna dimostrare che quel denaro costituisce un risparmio di spesa derivato dalla dichiarazione fraudolenta per operazioni inesistenti per cui si procede.
Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 30414 del 10 luglio 2019 con cui ha accolto parzialmente il ricorso presentato dal legale rappresentante di una srl annullando l’ordinanza del Tribunale di Roma che aveva confermato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei suoi confronti e diretta nei confronti della società in relazione al reato di cui all’art. 2 del d.lgs. 74/2000.