Tenuto a versare l’Irap anche il piccolo studio associato, composto da due soli professionisti, con mezzi e fatturato modesti. Ciò in quanto è presunta la reciproca collaborazione tra professionisti che integra il requisito dell’autonoma organizzazione.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 1154 del 21 gennaio 2021, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Secondo la Cassazione l'esercizio in forma associata di una professione liberale è circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di un'autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorché non di particolare onere economico, nonché dall'intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio. Da ciò deriva che legittimamente il reddito dello studio associato viene assoggettato all'imposta regionale sulle attività produttive, a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito sia derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati.
Nel caso sottoposto all’esame della Corte, alla natura associata dello svolgimento dell'attività professionale non poteva, pertanto, che conseguire l'assoggettabilità all'Irap, salvo la prova della circostanza, che tuttavia non risulta sia stata mai nemmeno allegata, che i proventi fossero frutto dell'attività individuale di ciascun professionista.
Ha dunque errato la Ctr nell’annullare la cartella di pagamento sul presupposto che la presenza di soli due professionisti e l’utilizzo di mezzi e consumi energetici in misura ridotta facesse pensare all’esercizio in forma individuale dell’attività.
Sul punto si sottolinea che proprio in relazione all’esercizio di lavoro autonomo, la Cassazione aveva già in precedenza stabilito che l’esercizio in forma associata dell’attività, sebbene senza dipendenti o collaboratori e, comunque, con beni strumentali di esiguo valore, è circostanza di per sé idonea a far presumere l'esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, nonché dell'intento di avvalersi della reciproca collaborazione e delle rispettive competenze, ovvero della sostituibilità nell'espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio e, conseguentemente, debba essere assoggettato all’IRAP, a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito è derivato dalla sola attività dei singoli associati (cfr. Cass. 8704/2020, 4578/2015, negli stessi termini, ex multis, sentenza 31 maggio 2016, n. 11327; ordinanza 19 dicembre 2014, n. 27007; sentenza 28 novembre 2014, n. 25313; ordinanza 7 giugno 2010, n. 13716).
Infine con ordinanza 24549/2019 la Cassazione ha stabilito che il professionista, qualora sia inserito in un'associazione professionale, sebbene eserciti anche una distinta e separata attività, diversa da quella svolta in forma associata (nella specie, amministratore di società), al fine di sottrarsi all'applicazione del tributo è tenuto a dimostrare di non fruire dei benefici organizzativi recati dall'adesione alla detta associazione.