“Giusta l’introduzione di contromisure correttive finalizzate a rendere nuovamente ammissibili le dimissioni per “fatti concludenti”, al fine di contrastare la cattiva pratica dell’assenteismo programmato per ottenere il licenziamento dal proprio datore di lavoro e, conseguentemente, il trattamento NASPI. Ma, pur apprezzando l’intenzione dell’intervento, la formulazione dell’art. 9 del DDL mostra criticità evidenti circa la scelta degli elementi integranti la nuova fattispecie di dimissioni volontarie”. È una delle osservazioni contenute nel documento presentato oggi dal Consiglio nazionale dei commercialisti nel corso dell’audizione parlamentare sul Disegno di legge C. 1532-bis recante disposizioni in materia di lavoro, tenutasi presso l’XI Commissione permanente lavoro pubblico e privato della Camera. Per i commercialisti, rappresentati dai due consiglieri nazionali delegati alla materia, Marina Andreatta e Aldo Campo, “la sola assenza ingiustificata protratta per oltre cinque giorni o oltre il termine previsto dal contratto collettivo non si ritiene assurga a elemento sufficiente a configurare la risoluzione del rapporto di lavoro con imputazione al lavoratore dimissionario. Il comportamento/inadempimento qualificante la fattispecie delle dimissioni dovrebbe configurarsi in modo decisamente più rigoroso, anche al fine di evitare la proliferazione di un pericoloso contenzioso per gli stessi datori di lavoro. Lo schema giuridico dovrebbe ricalcare quello già teorizzato in passato dalla dottrina e accolto dalla giurisprudenza delle dimissioni per fatti concludenti”.