L’art. 12, paragrafo 3, Modello OCSE 2010, dispone che il termine «Royalties» designa «i compensi di qualsiasi natura corrisposti per l'uso o la concessione in uso di diritti d'autore su opere letterarie, artistiche o lavoro scientifico tra cui pellicole cinematografiche, di brevetti, marchi, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti o per informazioni concernenti industriale, esperienza commerciale o scientifico».
Si fa riferimento, in sostanza, ai canoni corrisposti per lo sfruttamento dei c.d. IPR (Intellectual property rights).
Le Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, che fanno riferimento alle precedenti versioni del Modello OCSE 2010, ricomprendono tra le Royalties i compensi per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche.
Il Commentario all’art. 12 del Modello OCSE 2010 (paragrafo 2.9), puntualizza l’eliminazione, dal novero delle royalties, dei compensi per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche, con la conseguenza che tali compensi debbano essere generalmente considerati tassati in capo al percettore (nel Paese di residenza) come redditi d’impresa.
Nel Commentario all’art. 12 del Modello OCSE 2010 viene inoltre precisato che NON sono classificabili come “royalties” neanche i compensi corrisposti per ottenere il diritto esclusivo alla distribuzione di determinati prodotti o servizi in una specifica area geografica, non essendo direttamente collegati all’uso o alla concessione in uso di alcuno dei diritti immateriali che generano royalties, per cui anche tali compensi devono essere qualificati come redditi d’impresa.
Royalties: tassazione secondo l’ordinamento interno
L’art. 23, co. 2, lett. c), del D.P.R. 917/1986, sancisce che “si considerano prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti…..: c) i compensi per l'utilizzazione di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di marchi d'impresa nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico…”.
Ciò che conta ai fini dell’attrazione delle royalties corrisposte a soggetti non residenti nella potestà impositiva dello Stato italiano, è la residenza fiscale del soggetto erogante, prescindendo dunque dalla considerazioni di altri elementi.
L’art. 25, co. 4, D.P.R. 600/1973 prevede l’applicazione di una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 30% per le royalties corrisposte a soggetti non residenti
Royalties: le disposizioni convenzionali
L’art. 12, paragrafo 1, del Modello OCSE 2010, prevede che i canoni provenienti da uno Stato contraente (Italia) e pagati all'effettivo beneficiario che risiede nell'altro Stato contraente, sono imponibili soltanto in detto altro Stato.
In sostanza, si riserva la potestà esclusiva dei canoni al paese di residenza del soggetto percipiente.
La società estera, dunque, non sconterà la ritenuta del 30% prevista dall’art. 25 del D.P.R. 600/1973.
Le Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia che, come detto, fanno riferimento alle precedenti versioni del Modello OCSE, generalmente, prevedono, una potestà impositiva concorrente tra i due Stati stabilendo, tuttavia, la tassazione massima applicazione.
Nella seguente tabella si propongono la disciplina in tema di royalties in alcune Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia.
Tabella n. 1 – Royalties: le Convenzioni stipulate dall’Italia
Convenzione |
Potestà impositiva |
Regime del risparmio gestito |
Italia - Austria Firma: Vienna 29.06.1981 |
Concorrente tra i due stati |
I canoni pagati da una società residente di uno degli Stati contraenti ad una persona residente dell'altro Stato contraente che possiede più del 50 per cento del capitale sociale della società erogante possono essere tassati nel primo Stato; l'imposta così applicata non può, tuttavia, eccedere il 10 per cento dell'ammontare lordo dei canoni. |
Italia – Francia Firma: Venezia 05.10.1989 |
Concorrente tra i due stati |
Tali canoni possono essere tassati nello Stato dal quale essi provengono e in conformità della legislazione di detto Stato, ma, se la persona che riceve i canoni ne è l'effettivo beneficiario, l'imposta così applicata non può eccedere il 5 per cento dell'ammontare lordo dei canoni. |
Italia – Lussemburgo Firma: Lussemburgo 03.06.1981 |
Concorrente tra i due stati |
10 per cento dell'ammontare lordo dei canoni. |
Italia – Ungheria Firma: Budapest 16.05.1977 |
Potestà impositiva esclusiva dei canoni al paese di residenza del soggetto percipiente |
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Disposizioni convenzionali: l’effettivo beneficiario
Sia il Modello OCSE 2010 che le Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia prese in esame subordinano l’applicazione delle stesse disposizioni al concetto di “beneficiario effettivo”.
Il concetto di beneficiario effettivo (beneficial owner) è un chiaro concetto antiabuso, al fine di evitare il c.d. Treaty shopping, ovvero l’adozione di strategie volte ad ottenere i vantaggi fiscali derivanti da alcune Convenzioni altrimenti non applicabili.
Il concetto di beneficiario effettivo è espressione del più generale principio della prevalenza della sostanza sulla forma, di matrice anglosassone, il quale impone che, al fine di appurare quale debba essere il trattamento tributario da applicare a determinati flussi reddituali, occorre fare riferimento ai concreti risultati economici perseguiti più che alla forma giuridica utilizzata.
La disposizione convenzionale vuole, infatti, contrastare l'interposizione tra il beneficiario finale dei redditi (soggetto non residente, reale titolare dei diritti immateriali) ed il soggetto erogante (soggetto residente), di un soggetto terzo (interposto), con l'unico scopo di sfruttare la disciplina fiscale più favorevole prevista dalle varie convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni sul reddito. Il beneficiario effettivo può essere individuato nella persona fisica o giuridica che: