La sottoscrizione “per ricevuta” opposta dal lavoratore alla busta paga non implica, «in maniera univoca, l'effettivo pagamento della somma indicata nel medesimo documento, e pertanto tale espressione non è tale da potersi interpretare alla stregua del solo riscontro letterale, imponendo invece il ricorso anche agli ulteriori criteri ermeneutici dettati dagli articoli 1362 e seguenti Cc. Solo la sottoscrizione apposta dal dipendente sui documenti fiscali relativi alla sua posizione di lavoratore subordinato (Cud e modello 101) costituisce quietanza degli importi indicati come corrisposti da parte del datore di lavoro, e ha il significato di accettazione del contenuto delle dichiarazioni fiscali e di conferma dell'esattezza dei dati riportati.
Lo ha stabilito la Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza 21699 del 6 settembre con cui ha rigettato il ricorso di una società confermandone la condanna al pagamento delle differenze retributive.
Col proprio ricorso la società aveva denunciato violazione di legge (articoli 1 e 3 della legge 4 del 1953 e art. 2697 c.c.) in quanto, secondo la propria tesi, la sottoscrizione delle buste paga da parte dei lavoratori assumeva valore liberatorio a favore della parte datoriale. Nel caso di specie tutte le buste paga esibite risultavano sottoscritte dal lavoratore per cui doveva ritenersi provato che contestualmente alla consegna la società avesse altresì versato la retribuzione ivi indicata. Inoltre spettava alla parte attrice, ovvero al lavoratore provare che le sottoscrizione de quibus non avessero anche valore di quietanza.
La Cassazione ha rigettato il ricorso alla luce del consolidato orientamento secondo cui non esiste una presunzione assoluta di corrispondenza della retribuzione percepita dal lavoratore rispetto a quella risultante dai prospetti di paga, essendo sempre possibile l'accertamento della insussistenza del carattere di quietanza anche delle sottoscrizioni eventualmente apposte dal lavoratore sulle buste paga. Inoltre la sottoscrizione "per ricevuta", apposta dal lavoratore sulla busta paga non implica, in maniera univoca, l'effettivo pagamento della somma indicata nel medesimo documento. La dizione "per ricevuta" costituisce prova solo dell’avvenuta consegna delle buste paga ma non anche dell’effettivo pagamento, della cui dimostrazione è onerato il datore di lavoro (cfr. Cass. 13150/2016, 6267/1998).
Inoltre soltanto la sottoscrizione apposta dal dipendente sui documenti attestanti la sua posizione di lavoratore subordinato (es. CUD) costituisce quietanza degli importi ivi indicati come corrisposti da parte del datore di lavoro (cfr. Cass. 245/2006).
La sentenza impugnata doveva quindi considerarsi corretta in quanto il datore non ha provato i pagamenti effettuati in favore del lavoratore tanto che è risultata necessaria una ctu contabile diretta ad accertare il quantum debeatur.