In tema di studi di settore deve considerarsi legittima la motivazione con cui la sentenza di merito, nel ridurre l’importo dei ricavi accertati dall’amministrazione finanziaria, enunci anche sinteticamente le ragioni di non normale svolgimento dell’attività o comunque situazioni che possano influire sulla normale redditività.
Lo ha stabilito la Cassazione con ordinanza n. 33447 del 27 dicembre con cui ha rigettato il ricorso principale dell’Agenzia delle entrate.
Il contenzioso traeva origine da un avviso di accertamento emesso nei confronti di un tassista di Firenze con cui erano stati determinati maggiori ricavi con l’utilizzo del metodo analitico-induttivo. Infatti, pur a fronte della formale regolarità delle scritture contabili, erano state constatate gravi incongruenze.
Sia i giudici di primo grado che quelli di appello, pur riconoscendo la sostanziale legittimità dell’impianto accertativo, riducevano il quantum dei maggiori ricavi accertati. Ciò alla luce di alcuni elementi emersi nel corso del giudizio, ovvero l’elevata probabilità di corse senza "supplemento bagagli", il minor numero di presumibili corse con chiamata radio, specie in una città come Firenze ove è agevole l'accesso diretto alle stazioni di servizio e, da ultimo, l’alta probabilità, per chi possiede un taxi, di utilizzo della vettura anche per scopi personali: di qui la riduzione ulteriore dei ricavi, da parte della Ctr, rispetto a quella compiuta dalla sentenza di primo grado.
Rigettate anche in Cassazione le doglianze dell’Agenzia delle entrate che aveva denunciato insufficiente e contraddittoria motivazione.
Secondo la Cassazione la pronuncia della Ctr doveva ritenersi congrua seppur nella sua sinteticità; infatti senza criticare il complessivo impianto argomentativo la Ctr ne ha mitigato gli effetti attraverso la valutazione di alcuni elementi, compresa la possibilità di utilizzare la vettura per scopi personali, cosa che ha portato ad un’ulteriore riduzione dei ricavi accertati.