Il professionista non è tenuto al pagamento dell’Irap solo perché ha costi e ricavi molto elevati. L’amministrazione finanziaria deve utilizzare altri elementi per provare l’autonoma organizzazione.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 7652 del 2 aprile 2020, ha accolto il ricorso di un promotore finanziario monomandatario.
Ribaltato dunque l’esito della Ctr Campania che aveva sostenuto l’esistenza dell’autonoma organizzazione alla luce del sostenimento di costi elevati, soprattutto alla voce “spese per lavoro dipendente”, superiori a 20 mila euro annui.
Nell’accogliere il ricorso del contribuente la Cassazione ricorda che in tema di Irap, l’esercizio dell'attività di promotore finanziario di cui all'art. 31, comma 2, del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, è escluso dall'applicazione dell'imposta soltanto qualora si tratti dl attività non autonomamente organizzata.
A tal ultimo proposito, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese, anche per beni strumentali, non integra di per sè il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione, essendo necessario che i giudici di merito accertino le caratteristiche del supporto fornito da terzi all'esercizio dell'attività professionale del contribuente, se di natura continuativa, se con mansioni meramente esecutive, ovvero di collaborazione con altri professionisti. Inoltre, l'erogazione a terzi di compensi elevati costituisce presupposto di assoggettamento a Irap del professionista solo ove risulti accertato che detti compensi siano serviti per compensare attività strettamente connesse a quella oggetto della professione svolta dal contribuente, e comunque tale da potenziarne ed accrescerne l'attività produttiva, non invece quando dette spese, ancorché elevate, siano state sostenute per compensare terzi per attività afferenti ad altri ambiti (ad esempio, per consulenze professionali di commercialisti ed avvocati o per attività meramente materiali di copie di disegni tecnici, ecc.), non funzionali allo sviluppo della produttività e non correlato all'implementazione dell'aspetto organizzativo (cfr. Cass. 23847/2019, 27423/2018 e 1820/2017).
In altri termini, quindi, l’elevato ammontare delle spese può dipendere da costi strettamente collegati all’aspetto personale dell’attività professionale (spese alberghiere o di rappresentanza, carburante utilizzato per il veicolo strumentale etc.) “e costituenti mero elemento passivo per l’esercente l’attività professionale, non funzionali allo sviluppo della produttività e non correlate pertanto all’implementazione dell’aspetto organizzativo, e perciò stesso inidonee a descrivere il modo in cui l’attività è concretamente esercitata”.
Spetterà ora alla Ctr della Campania, cui la controversia è stata rinviata, rivalutare il caso e gli atti del processo per verificare se il contribuente abbia offerto elementi sufficienti a dimostrare l’assenza di autonoma organizzazione, spettando allo stesso (come attore in senso sostanziale per le istanze di rimborso) l’onere della prova.