Il condono elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, che restano soggetti, sia nell'ipotesi di cui all'art. 9 che in quella minore di cui all'art. 15 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, in cui l'oggetto di definizione non è il tributo, ma lite potenziale, all'eventuale contestazione da parte dell'Ufficio.
Di conseguenza deve considerarsi legittimo, da questo punto di vista, l’avviso di recupero per indebita fruizione del credito di imposta per incremento dell'occupazione (ex art. 7 della Legge 23 dicembre 2000 n. 388) nonostante l’adesione del contribuente al c.d. “condono tombale”.
Lo ha precisato la Cassazione con ordinanza n. 12010 del 19 giugno 2020 con cui ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Ribaltato dunque l’esito della Ctr Puglia secondo cui l’atto di recupero non poteva essere emesso in quanto forma di accertamento attinente all'illegittimità del suo utilizzo.
Nessuna preclusione del resto si rinviene dall'art. 9, comma 9 e comma 10, della Legge Legge 27 dicembre 2002 n. 289, ove si afferma, rispettivamente,
1) che la definizione automatica delle imposte non modifica l'importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, dell'imposta sul valore aggiunto, nonché dell'imposta regionale sulle attività produttive e
2) determina la preclusione, nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati, di ogni accertamento tributario.
Infatti la prima va intesa nel senso che il condono non influisce di per sé sull'ammontare delle somme chieste a rimborso, non impone al contribuente la rinuncia al credito e non impedisce all'erario di accogliere tali richieste, allorché la pretesa di rimborso sia riscontrata fondata e la seconda preclude, bensì, l'accertamento dei debiti tributari dei contribuenti che hanno ottenuto il condono, ma non impedisce l'accertamento dell'inesistenza dei crediti posti a base delle richieste di rimborso, data la natura propria del condono, che incide sui debiti tributari dei contribuenti e non sui loro crediti (cfr. Cass. 13737/2017 e 22436/2016).
È evidente allora l’errore della Ctr nel momento in cui ha ritenuto che gli effetti definitori del condono si comunichino anche ai crediti esposti in dichiarazione, "cristallizzando" la relativa pretesa ed impedendo l'esercizio di ogni azione accertatrice da parte del fisco