Legittima anche senza firma digitale l’intimazione di pagamento del concessionario della riscossione notificata via Pec. Vale la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo dall’organo da cui promana.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 3940 del 16 febbraio 2021, ha accolto il ricorso dell’Agenzia entrate-riscossione.
Ribaltata dunque la pronuncia della Ctr Basilicata che aveva ritenuto nulla la notifica dell’intimazione di pagamento in quanto il documento inviato a mezzo pec era privo di firma digitale.
Secondo la Cassazione in caso di notifica a mezzo Pec, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea», ma è lo stesso per l'intimazione ad adempiere, «non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso (cfr. Cass. 30948/2019).
Tra l’altro, l'omessa sottoscrizione della cartella di pagamento», o dell'intimazione ad adempiere, «da parte del funzionario competente non comporta l'invalidità dell'atto, la cui esistenza non dipende tanto dall'apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all'organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma dell'art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli», al pari dell'intimazione ad adempiere, ex art, 50, comma 3, dei d.P.R. n. 602 del 1973, «deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell'esattore, ma solo la sua intestazione e l'indicazione della causale, tramite apposito numero di codice.
Tra l’altro la natura vincolata del ruolo comporta l’irrilevanza dei vizi di invalidità formale del provvedimento ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2 della legge 241/1990 (cfr. Cass. 27561/2018).