I contributi obbligatori che il notaio versa alla Cassa previdenziale sono deducibili dal reddito professionale incidendo sia sulla determinazione del reddito i fini Irpef, sia del valore della produzione netta ai fini Irap.
Lo ha ribadito la sesta sezione civile della Cassazione che, con l'ordinanza 7340 del 18 marzo 2021, ha respinto il ricorso dell'Agenzia delle entrate.
Il contribuente, un notaio, è ricorso contro gli avvisi di accertamento per l'Irap relativo a quattro annualità. La Ctp ha respinto il ricorso, mentre la Ctr lo ha accolto ritenendo che i contributi previdenziali obbligatori versati dai notai alla Cassa nazionale del notariato (contributo repertoriale) devono ritenersi deducibili direttamente dal reddito professionale, incidendo perciò sulla determinazione sia del reddito imponibile ai fini Irpef sia del valore della produzione netta ai fini Irap. Di contro, ha proposto ricorso l'Agenzia delle Entrate (denunciando violazione degli articoli 10 e 54 Tuir) ritenendo che i contributi del notaio sono deducibili solo quando corrisposti dal cliente: nel caso del notaio è lui a versare a favore della Cassa nazionale del notariato, e quindi tali versamenti non sono deducibili.
Al riguardo, concordi con i giudici di merito, i giudici di legittimità” hanno ricordato che “i contributi previdenziali obbligatori versati dai notai alla cassa nazionale del notariato sono deducibili dal reddito complessivo, in quanto sono da considerare spese inerenti all'attività professionale svolta, essendo il relativo esborso una conseguenza del reddito prodotto (cfr. Cass. 18395/2020 e 321/2018).
Ricorso dunque respinto.
Ormai, secondo la giurisprudenza di legittimità, contributi versati dai notai alla cassa Nazionale del Notariato sugli onorari loro spettanti sono indubbiamente “inerenti”, e cioè connessi, all'attività professionale svolta, non potendosi «limitare il concetto di inerenza alle sole spese necessarie per la produzione del reddito ed escluderlo per quelle che sono una conseguenza del reddito prodotto». I contributi, infatti, sono posti dalla legge (articolo 12 della legge 220/1991) non a carico del cliente del notaio ma direttamente a carico del professionista per il fatto di avere iscritto l’atto a repertorio, sicché gli stessi sono corrisposti dal notaio, indipendentemente dall'effettiva percezione del compenso della prestazione professionale costituendo spese sostenute nell’esercizio dell’arte e della professione.