Legittimo l’avviso di accertamento con l’utilizzo delle indagini finanziarie a carico dell’avvocato che incassa assegni circolari extra conto. Il professionista può ottenere l’annullamento dell’accertamento solo a patto che dimostri la reale provenienza e la natura non reddituale del denaro.
A questa importante conclusione è giunta la Cassazione che, con la sentenza n. 8718 del 30 marzo 2021, ha respinto il ricorso di un legale.
Col proprio ricorso il contribuente, che faceva parte di uno studio associato, denunciava tra l’altro violazione di legge ritenendo di aver superato la presunzione legale di cui all’art. 32 del dpr 600/1973. in forza della incontestata allegazione del fatto che gli assegni in questione non costituissero il pagamento di prestazioni professionali da parte dello studio professionale.
Secondo la Cassazione le operazioni bancarie in extra-conto, quali quelle di incasso di assegni circolari, sono equiparabili ai versamenti (perché la somma, proveniente da un terzo, viene trattenuta dall'interessato che cambia l'assegno in cassa senza transitare per il conto) e rientrano nella categoria degli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni cui l'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, in materia di imposte sui redditi, ricollega, accanto ai prelevamenti (per le sole attività imprenditoriali), la presunzione legale relativa di imputazione a ricavi o compensi.
Ciò perché in tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 (in virtù della quale i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell'esercizio dell'attività libero professionale o di lavoratore autonomo), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell'affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell'estraneità delle stesse alla sua attività (cfr. da ultimo Cass. 10480/2018, 104/2019 e 9423/2020).
Ora al professionista non resta che pagare le imposte sulle somme riscosse con gli assegni circolari che sono stati considerati dall’amministrazione finanziaria, con un ragionamento condiviso in sede di legittimità, come versamenti ingiustificati e quindi ricavi in nero della sua attività.