Legittimo l’accertamento analitico induttivo a carico del professionista che emette fatture generiche e con una redditività inferiore del 50% rispetto alla zona considerata. L’Agenzia delle Entrate ritiene rilevanti le medie di settore e l’irragionevolezza dei ricavi rispetto ai costi.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 13085 del 14 maggio 2021, ha respinto il ricorso del contribuente.
La vicenda riguarda un professionista del settore sanitario che aveva emesso fatture basse, circa il 19 % in meno rispetto alle medie di zona, le indicazioni del documento contabile erano generiche e in più lui non si era reso particolarmente disponibile a fornire spiegazioni.
Sia la Ctp che la Ctr avevano accolto parzialmente il ricorso del contribuente riducendo il maggior reddito accertato.
Col successivo ricorso in Cassazione il contribuente mirava all’annullamento integrale dell’atto impugnato in quanto basato su presunzioni ritenute non gravi.
Nel rigettare il ricorso la Cassazione ha considerato legittimo l’operato della Ctr Toscana secondo cui il reddito era stato calcolato sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti e cioè bassa redditività dell’attività professionale rispetto alla media di zona (19% a fronte del 40%), le prestazioni effettuate indicate con estrema genericità nei documenti fiscali, l’alta incidenza del personale, rispetto alla incidenza media, redditività del settore protesi, generalmente il più remunerativo, addirittura negativa.
Mutuando un principio coniato per il reddito d’impresa, la sezione tributaria ha ricordato che il ricorso all'accertamento analitico-induttivo è legittimo quando, pur in presenza di scritture (contabili) formalmente corrette, la contabilità dell'impresa possa considerarsi complessivamente inattendibile, perché confliggente con i criteri di ragionevolezza, sotto il profilo dell'anti economicità del comportamento del contribuente (cfr. da ultimo Cass. 8340/2020).
Nel caso sottoposto all’esame della Corte, è stato considerata irragionevole sia la percentuale di ricarico applicata dal professionista che la perdita del settore, che l'alta incidenza del costo del personale, tutte presunzioni che sia valutate singolarmente che nella loro interazione erano in grado di dimostrare l'inattendibilità delle scritture. In altri termini, per la Cassazione in questo caso è consentito all'ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e accertare, anche in via presuntiva, maggiori ricavi o compensi, con conseguente spostamento dell'onere della prova sul contribuente.