Legittima l’imposta fissa di registro applicata sul contratto di prestazione di opera concluso verbalmente ed enunciato nel decreto ingiuntivo: nessuna duplicazione di imposta.
Lo sancisce la Cassazione che, con la sentenza 23379 del 24 agosto 2021, ha respinto il ricorso di un avvocato.
L’Agenzia delle entrate chiedeva al professionista di pagare l’imposta di registro non solo in relazione a un decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace, ma anche sul contratto di prestazione di opera concluso verbalmente con un cliente ed enunciata nel provvedimento monitorio.
Sia la Ctp che la Ctr confermavano l’avviso di liquidazione ritenendo corretta l’applicazione dell’art. 22 del dpr 131/1986.
Col successivo ricorso in Cassazione il legale denunciava, tra l’altro, violazione del predetto art. 22 ritenendo erronea la tassazione del contratto verbale in quanto il provvedimento monitorio si sarebbe sostituito allo stesso con effetto novativo. La tassazione avrebbe dato vita ad un’inammissibile doppia imposizione.
Nel rigettare il ricorso del contribuente la Cassazione precisa che il fatto che il decreto ingiuntivo sia stato emesso sulla base di un contratto di prestazione d’opera professionale concluso verbalmente non esclude la tassazione di quest’ultimo, nel caso in cui sia stato enunciato nel contesto del provvedimento giurisdizionale, in quanto tale eventualità è contemplata proprio nel terzo comma dell’articolo 22 del dpr 131/86 secondo cui Se l'enunciazione di un atto non soggetto a registrazione in termine fisso è contenuta in uno degli atti dell'autorità giudiziaria indicato nell'art. 37, l'imposta si applica sulla parte dell'atto enunciato non ancora eseguita.
Il decreto ingiuntivo non determina la cessazione degli effetti del contratto verbale in esso enunciato; la disposizione prevista dal secondo comma dell’articolo 22 Tur fa riferimento ai casi di novazione oggettiva, ma non ai casi in cui il contribuente abbia ottenuto un provvedimento giurisdizionale a tutela di un diritto nascente da un contratto.