In assenza di indizi che il commercialista si avvale dello studio associato di cui pure fa parte, di personale di segreteria e attrezzature per svolgere l’attività di sindaco, il professionista non è tenuto a versare l’Irap per tale ultima attività, soprattutto ove sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi.
Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza n. 31584 del 6 novembre 2021 con cui ha accolto il ricorso di un contribuente, destinatario di una cartella di pagamento per non aver versato l’Irap in relazione all’attività di sindaco svolta per conto di alcune società.
Ribaltata dunque la tesi della Ctr secondo cui il fatto che il professionista facesse parte di uno studio associato farebbe presumere che si avvalesse dell’organizzazione dello studio e lo stesso può dirsi anche nel caso in cui svolga una «distinta attività professionale connessa, come quella di sindaco, allorché non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti».
Nel casso di specie, invece, secondo la Cassazione era possibile operare lo scorporo dal momento che il ricorrente ha affermato che «l'attività dello studio era fatturata separatamente dalla diversa fatturazione posta in essere esclusivamente per l’attività di sindaco».
Inoltre, il contribuente ha anche messo in evidenza come la stessa attività di sindaco non esigesse «alcuna particolare attrezzatura, esorbitante il minimo indispensabile per esercitarla» e che, per le incombenze presso le società dove operava per tale incarico, la collaborazione di terzi (ad esempio per la stesura di verbali) era garantita dal personale delle stesse.
Lo stesso commercialista ha poi precisato di svolgere le fasi dell’attività «non implicanti la presenza», in un locale della propria abitazione, presso il cui indirizzo era domiciliato come sindaco. Tutte queste circostanze non sono state smentite dalla rilevazione, nel corso dell'accertamento, di «tracce significative di forme di fruizione di benefici derivanti dalla forma associata dello studio, quali, ad esempio, sostituzioni in attività da parte di colleghi di studio, l'utilizzo di una segreteria, di locali di lavoro comuni e di servizi collettivi (cfr. Cass. 766/2019 e 24549/2019). Della presenza di questi indici non c’è «traccia».
Il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio per ulteriori approfondimenti.
Quanto all’onere della prova in fattispecie similare, si segnala Cass. 8451/2020, secondo cui il commercialista non è tenuto a versare l’Irap per le attività diverse da quelle dell’associazione professionale, in particolare per quelle di sindaco di società svolte in forma individuale: in questi casi non si determina un’inversione dell’onere della probatorio in capo al contribuente, spettando all’amministrazione semmai provare l’esistenza dell’autonoma organizzazione.