Con la risposta a interpello n. 256 del 17/03/2023, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in tema di esenzione della remunerazione derivante da partecipazioni avente i requisiti per l'applicazione del regime della Direttiva "madre-figlia".
Ai sensi dell'articolo 89, comma 3, del TUIR gli utili e le remunerazioni provenienti dai soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d) e dalle remunerazioni derivanti da contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), del TUIR stipulati con tali soggetti, se diversi da quelli residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, possono beneficiare dell'esclusione prevista dall'articolo 89, comma 2, del TUIR alla condizione che dette remunerazioni siano totalmente indeducibili dal reddito imponibile dello Stato estero di residenza dell'emittente o della controparte contrattuale.
Ai fini dell'assimilazione alle azioni, le partecipazioni nonché gli strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti devono presentare le seguenti caratteristiche:
Tali requisiti (ossia la totale correlazione e la totale indeducibilità) devono sussistere sia ai fini dell'assimilazione alle azioni degli strumenti finanziari esteri sia ai fini dell'assimilazione delle azioni estere ossia delle vere e proprie partecipazioni al capitale o al patrimonio di società estere.
L'indeducibilità non è estesa ai proventi per i quali la connessione con i risultati economici dell'impresa riguardi unicamente l'an, ma non il quantum, della corresponsione dei proventi e/o del rimborso ai sottoscrittori (come nel caso dei titoli con tasso di rendimento prestabilito, per i quali il pagamento degli interessi in una certa misura sia subordinato all'esistenza di utili ovvero alla effettiva distribuzione di dividendi da parte dell'emittente o di altra società del gruppo).
Il requisito della totale correlazione, dunque, anche sulla scorta della relazione governativa alla Riforma IRES del 2003, e come ribadito dalla Circolare n. 6 del 2006, comporta che il regime dei dividendi (ossia la "dividend exemption" prevista dall'articolo 89, co. 3 del TUIR), in base al richiamo dell'articolo 44, comma 2, lett. a), in caso di emittente estero non sia applicabile in mancanza del superamento del test del "doppio equity" (ossia la "totale correlazione" e la connessa "totale indeducibilità") sia alle "partecipazioni al capitale o al patrimonio" che ai "titoli e gli strumenti finanziari".
Per i soggetti percettori assoggettati all'IRES, il comma 3-bis prevede che l'esclusione al 95% prevista dal precedente comma 2, dell'articolo 89, si applica anche alle remunerazioni delle partecipazioni al capitale o al patrimonio e a quelle dei titoli e degli strumenti finanziari, provenienti dai soggetti che hanno i requisiti individuati, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante.
La disposizione, pertanto, trova applicazione limitatamente alle remunerazioni provenienti da "emittenti qualificati UE" cosi come individuati nel comma 3-ter.
Nei casi di remunerazioni "miste", ossia composte solo in parte da utili – dunque indeducibili solo in parte - il soggetto percettore residente non poteva, pertanto, beneficiare dell'esenzione sulla parte effettivamente rappresentata da utili, e ciò determinava un fenomeno di doppia imposizione sulla parte di remunerazione non deducibile.
La circostanza che vi sia una parziale deducibilità presso l'emittente estero, dal 2016, non impedisce in toto il riconoscimento del regime dei dividendi presso il percettore, ma lo limita pro quota.