Nel corso dell’audizione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini in Commissione Finanze alla Camera sulla delega al Governo per la riforma fiscale, si è sollevata la necessità di operare una razionalizzazione della disciplina degli interpelli, anche al fine di ridurre il ricorso all’istituto, posto che in questi anni si è assistito ad un aumento considerevole del numero delle istanze presentate.
Nel solo anno 2022, l’Agenzia ha fornito complessivamente 17.731 risposte ad altrettante istanze di interpello.
Con riferimento alle singole tipologie di interpello, sono state rese:
L’incremento dell’attività di consulenza si giustifica anche in conseguenza dell’introduzione delle numerose agevolazioni fiscali introdotte per affrontare la crisi economica dovuta agli effetti della pandemia.
Ci si riferisce, in particolare, all’introduzione, nel 2020, della disciplina del Superbonus e dell’esercizio delle opzioni di sconto in fattura e di cessione del credito relativo ai bonus edilizi, a opera del decreto Rilancio (DL 34/2020).
Si consideri che, solo in tema di Superbonus, sono pervenute all’Agenzia delle entrate 2.110 istanze nel 2020, 14.103 (pari al 58% del totale degli interpelli) nel 2021 e 7.905 (pari al 50%) nel 2022.
In tale prospettiva, la legge delega prevede di:
Le critiche - Per le Associazioni nazionali ADC – AIDC – ANC – ANDOC – FIDDOC – UNAGRACO – SIC – UNGDCEC – UNICO la vera preoccupazione del legislatore non dovrebbe essere infatti quella di limitare la possibilità per i contribuenti di ricorrere all’istituto dell’interpello bensì di interrogarsi sulle ragioni di una legiferazione che nel Paese è evidentemente confusa e disorganica, rispetto alla quale il prevalere dell’incertezza genera una intensa attività di interpretazione delle norme e la conseguente richiesta di chiarimenti da parte delle imprese e dei cittadini.
Desta perplessità il fatto che il Governo abbia anche pensato di subordinare l’ammissibilità degli interpelli al versamento di un contributo. “Siamo”, affermano i Presidenti delle nove sigle nazionali, “ad un stravolgimento di ogni logica poiché non è pensabile che una funzione di cui è responsabile lo Stato, com’è quella di assicurare la certezza delle norme per consentire una loro corretta applicazione da parte dei cittadini, possa essere considerata alla stregua di un servizio, per il quale, se richiesto, prevedere il pagamento di una somma”.
I Presidenti delle associazioni nazionali di categoria, inoltre, ritengono che la presentazione all’Agenzia delle Entrate di istanze di interpretazione delle norme fiscali sia il frutto di una visione distorta della realtà: l’Agenzia delle Entrate non ha un ruolo di terzietà, e in ambito fiscale sono i commercialisti che dovrebbero rivendicare una centralità che è data dalla loro oggettiva competenza, in forza della quale la categoria può essere in grado di elaborare, in modo qualificato e riconosciuto, indirizzi interpretativi e prassi operative nell’ambito della legislazione tributaria, ciò a vantaggio non solo dei professionisti ma di tutta la collettività.
“Il nostro auspicio comune” concludono i Presidenti nazionali “è che ci sia la consapevolezza da parte dei vertici istituzionali della categoria di ciò che fino ad oggi non è stato fatto per cambiare lo stato delle cose, e che gli stessi decidano, finalmente, di agire per avviare un percorso nuovo attraverso il quale la categoria sia presa in considerazione quale soggetto autorevole e riconosciuto per l’interpretazione delle norme fiscali e per la definizione degli indirizzi operativi”.