Una società esercita l’attività di gastronomia producendo diversi beni che vende al pubblico tramite il proprio negozio, oltre ad effettuare vendite a supermercati, piccoli negozi e ristoranti.
I prodotti sono preparati all’interno del laboratorio di gastronomia e trattasi, per la maggior parte, di pasta surgelata, sia farcita e ripiena (tortelli di erbetta, lasagne e anolini) che non, ma vende anche bevande e prodotti di pane e di pasticceria.
Precisando che all’interno del locale non viene effettuata alcuna consumazione, fino al 31/12/2016 tale attività (che non era seguita dal nostro Studio) ha applicato sia sui corrispettivi che sulle fatture, in modo indistinto, sempre la unica aliquota del 10%.
Riteniamo questo comportamento non corretto, in quanto, non trattandosi di somministrazione, le cessioni avrebbero dovuto essere effettuate in base all’aliquota propria dei beni oggetto di cessione sia per quanto concerne la vendita al dettaglio (scontrini) che la vendita all’ingrosso (fatture).
Si sottolinea che non sarebbe nemmeno possibile effettuare la ventilazione dei corrispettivi, in quanto i corrispettivi relativi alle vendite con emissione di fattura è superiore al 20% dei corrispettivi totali.
Si chiede quale sia il comportamento corretto e se, nel caso fosse quello da noi individuato, qual è l’aliquota IVA da applicare alla pasta lavorata e ripiena?
E’ corretto, per tali prodotti, applicare l’aliquota IVA del 10% individuandoli tra le preparazioni alimentari non nominate né comprese altrove….indicati al punto 80 della parte III della tabella A, oppure, per esclusione va applicato il 22%?