Con la presente siamo a porre il seguente quesito, inerente la cessione di quote in una S.a.s..
Si tratta di una società di autotrasporto di merci su strada in conto terzi, costituitasi nella forma della S.a.s. nel 2002, con capitale sociale di € 10.000,00 e due dipendenti assunti a tempo indeterminato.
Sul bilancio sono praticamente assenti debiti, mentre al contrario si rilevano circa € 165.000,00 di crediti vecchi ancora da riscuotere.
I soci sono costituiti da padre, socio accomandatario e amministratore al 50%;
madre, socia accomandante al 35%;
figlio maggiorenne, socio accomandante al 15%.
I soci accomandanti vogliono cedere le proprie quote ad un terzo acquirente (socio accomandatario favorevole) che, nel caso specifico, si tratta di uno dei due dipendenti (l'altro non è interessato).
Il dipendente andrà ad acquistare il 50% del capitale sociale, valutato in circa € 120.000,00 (composto da valore automezzi + avviamento), divenendo anche il socio accomandatario e amministratore.
L'attuale socio accomandatario, invece, rimarrà nella società come socio accomandante per il rimanente 50% e, in caso di necessità, come lavoratore a chiamata.
Dalla cessione delle quote scaturirà in capo agli attuali soci accomandanti una consistente plusvalenza.
Tale plusvalenza costituisce necessariamente un reddito di partecipazione (art. 20-bis Tuir rubricato redditi dei soci delle società di persone in caso di recesso) e dunque tassato come reddito di impresa, secondo il principio di competenza, integralmente nell'esercizio in corso alla data del recesso, a prescindere dal momento della percezione?
Oppure i soci accomandati possono essere considerati persone fisiche non imprenditori e dunque la plusvalenza rientrante tra i redditi diversi e quindi applicabile la tassazione secondo il principio di cassa?
E' da tenere inoltre in considerazione che il dipendente provvederà a versare il prezzo di acquisto delle quote in due modalità:
1) per circa € 40.000,00 in rate mensili in un tot di anni;
2) per circa € 80.000,00 con pagamenti variabili (nell'importo e nella data) legati alla riscossione dei crediti vecchi iscritti in bilancio.
Tecnicamente: la “nuova società” (quella che risulta dopo la cessione delle quote), una volta incassati una parte dei vecchi crediti iscritti a bilancio e, dunque, entrata in disposizione di una consistente liquidità, dovrebbe concedere un finanziamento (non fruttifero) al socio accomandatario, il quale dunque sarebbe in grado di saldare l'acquisto delle quote.
La seconda modalità di pagamento può essere ragionevolmente presa in considerazione e fattibile da un punto di vista civilistico e fiscale?
Tali modalità di riscossione risultano essere rischiose e aleatorie per gli attuali soci accomandanti. Rischio che potrebbe essere attenuato nel caso la tassazione della plusvalenza potesse avvenire secondo il principio di cassa.
Infine, avendo il dipendente interessato all'acquisto necessità di tutelare la quota da un eventuale pignoramento bancario (causa in corso con ex convivente), la forma della società in accomandita semplice può essere maggiormente garante, richiedendo il consenso dell'altro socio in caso di pignoramento e vendita, rispetto invece alla forma della s.r.l.?
RingrandoLa anticipatamente e rimanendo in attesa di Sua gentile risposta, cordialmente salutiamo