Buongiorno,
Un'immobiliare di costruzione senza dipendenti e senza attrezzature, costruisce di propria iniziativa, immobili civili da destinare alla vendita una volta completati. Organizza la costruzione comprando alcuni materiali e rivestimenti e appaltando a terzi tutte le lavorazioni.
Non essendo opere su commessa ma di propria iniziativa, tutte le rimanenze sono valutate a costi specifici, appalti in qualità di appaltante compresi.
Si chiede un parere circa la correttezza dell'impostazione civilistica del bilancio.
L'acquisto del terreno all'inizio è una rimanenza di merce (B11 C.E.) e poi se e quando inizia la costruzione, dal momento dell'inizio lavori (successivo al permesso di costruire), diventa un prodotto in corso di lavorazione (A2 C.E.) incrementato di tutti i costi di diretta imputazione (energia, progettazione, direzione lavori, ecc.).
Nel momento in cui termina la costruzione diventano rimanenze finali di immobili destinati alla vendita (B11 C.E.).
Il momento nel quale un fabbricato si considera ultimato è dalla fine lavori o dalla richiesta di agibilità che può essere chiesta in momenti successivi? Esempio: in un condominio possono essere ultimati con l'agibilità 2 appartamenti in un mese e tre appartamenti quattro mesi dopo perché magari manca il completamento o l'avviamento degli impianti, la richiesta dell'APE ecc.)
Quando alla imputazione dei costi, affidando appalti a corpo e non a misura non è semplice attribuire il costo specifico di costruzione a ciascuna unità (sempre ricorrendo all'esempio degli appartamenti in condominio). È sostenibile una redistribuzione degli stessi in funzione delle superfici calpestabili degli stessi? Non avendo una contabilità industriale sarebbe impossibile agire diversamente. Con questo criterio però possono esserci appartamenti due camere che in fase di vendita hanno una differenza di prezzo rispetto ai tre camere, non proporzionale come lo è la superficie calpestabile.
Grazie.